EXPRIMO - mostra collettiva al Mattatoio di Roma
- micaelalattanzio
- 6 mar
- Tempo di lettura: 5 min
Aggiornamento: 1 giorno fa
A cura di Chiara Nicolini
Mostra promossa da Assessorato alla Cultura di Roma Capitale e Azienda Speciale Palaexpo Organizzata da Azienda Speciale Palaexpo in collaborazione con Gruppo Pouchain
foto Giorgio Benni
esprimere
/e·sprì·me·re/
Manifestare il proprio pensiero o i propri sentimenti, spiegarsi con la parola.
"e. le proprie idee"
La mostra EXPRIMO a cura di Chiara Nicolini raccoglie una selezione di opere di otto artisti che spaziano dalla fotografia al video, dalle installazioni alla scultura. Maria Adele Del Vecchio, Giorgia Errera, Teresa Gargiulo, Goldschmied & Chiari, Micaela Lattanzio, Numero Cromatico, Santiago Sierra, Catalina Swinburn partono dalla parola e attraverso un lavoro di scomposizione linguistica conducono a una riflessione concettuale che investe l’utilizzo della parola stessa rimodulato in forma artistica.
Ogni lavoro è volto a esprimere un concetto che immerge chi osserva in una dimensione spaesante rispetto ai canoni convenzionali di espressione, costruendo dei linguaggi a volte più espliciti e a volte trasversali. Il percorso espositivo ci guida tra una serie di lavori differenti tra loro per genere e materia, ci invita a soffermarci e a ragionare per entrare in connessione con quello che gli otto artisti vogliono premere fuori – exprimere.
Maria Adele Del Vecchio (Caserta, 1976) utilizza la parola, nella sua natura linguistica prima ancora che segnica, sottolineando l’impossibilità di rinunciare ad essa, così come alla sua negazione, evidenziando quanto il linguaggio sia uno strumento di libertà e identificazione culturale, politica e sociale. In mostra sono esposti tre scialli appartenuti alla famiglia dell’artista, su cui sono stampate frasi personalmente scritte dall’artista che trasformano l’opera in uno spazio di dialogo, di narrazioni private e condivise.
La serie Untitled (no ctrl) di Giorgia Errera (Anzio, 1997) ha per oggetto dei pulsanti di una tastiera informatica posizionati a comporre delle parole eteroletterali, ossia composte da lettere tutte diverse fra di loro. Le due stampe intitolate Quinto dominio (parole intrecciate), riproducono degli intrecci di termini frequentemente impiegati per descrivere le tecnologie digitali e i loro effetti nell’ambiente sociale. Il quinto dominio è il nuovo spazio immateriale da conquistare. La ricerca di Teresa Gargiulo (Vico Equense, 1996), considera il linguaggio e il potere evocativo della parola come punti di partenza per indagare ciò che la circonda. Ogni elemento linguistico viene messo in discussione, analizzato e decontestualizzato come in How to train my ear, in cui il punto di partenza è la ricerca di fonemi sperimentali, particelle sonore mai emesse per creare delle composizioni musicali, mentre le opere della serie How to draw an Island -Ruenmp costruiscono un’isola fittizia basata sul linguaggio. L’installazione Secret eyes only e il video Stay Behind di Goldschmied & Chiari (Sara Goldschmied, Arzignano, 1975 ed Eleonora Chiari, Roma, 1971) appartengono alla serie Family Jewels, che riprende il nome di un famoso documento della CIA che raccoglieva attività̀ illecite tenute nascoste al pubblico tra gli anni Cinquanta e metà anni Settanta, centinaia di pagine di atti desecretati dopo lo scandalo Watergate. Di Micaela Lattanzio (Roma, 1981) le opere tridimensionali Nucleo -La natura Inquieta-, Biophilia e l’arazzo Cosmogonia. Attraverso la frammentazione fotografica, l’artista sviluppa una grammatica visiva ispirata alla geometria della natura, interpretando il linguaggio come elemento in costante trasformazione dell’esistenza. Santiago Sierra (Madrid, 1966) con l’opera filmica Palabra Destruida (Destroyed World), rompe i confini definiti del linguaggio imprimendo il potere dell'immagine sulla parola o coinvolgendola in diversi tipi di azione. In Analepsis, opera video di Catalina Swinburn (Santiago, Chile, 1979) la parola scritta diventa trama di un filo da intrecciare, la costruzione di un complesso linguaggio che da parlato diventa fisico fino a smaterializzarsi, perdendo in parte il suo reale significato veritiero. Il mondo digitale e l'avvento dei social network ci hanno portato verso una frammentazione della realtà̀ e della società. A conclusione del percorso espositivo troviamo The desire for knowledge di Numero Cromatico (Collettivo artistico costituito a Roma nel 2011), una grande installazione della serie Tulipani, – intrecci visivi tra testo e immagine – composta da tessere libere di muoversi, create con l’ausilio di algoritmi e intelligenze artificiali. L’opera attraversabile ci lascia una frase sulla quale riflettere: The desire of Knowledge is the essence of beauty. Art is the ultimate life creation.
foto Giorgio Benni
Testo curatoriale - Micaela Lattanzio
Nella pratica artistica di Micaela Lattanzio, il tema del linguaggio si pone come filo conduttore, intimamente connesso a una riflessione filosofica sulla condizione contemporanea dell’esistenza. La sua ricerca indaga come la nostra esperienza del mondo sia mediata da una complessa rete di connessioni, tanto decifrabili quanto impalpabili, che influenzano la percezione della realtà e il nostro rapporto con essa.
Attraverso la frammentazione fotografica, l’artista sviluppa una grammatica visiva ispirata alla geometria della natura, interpretando il linguaggio come elemento in costante trasformazione. Questa esplorazione riflette la condizione contemporanea di un mondo diviso tra il concreto e il virtuale, dove la narrazione del presente non è che un mosaico di frammenti, incapace di restituire un’immagine integra del mondo.
Lattanzio invita così a riflettere sull’impossibilità di cogliere una verità univoca in un contesto sempre più complesso e articolato.
Nei lavori presentati per la mostra Exprimo, il corpo occupa una posizione centrale: diventa sia strumento di indagine privilegiato che campo di percezione.
Il suo linguaggio (visivo) si articola su due dimensioni interconnesse della frammentazione. Da un lato, le strutture molecolari delle sue opere richiamano l’architettura naturale: ogni frammento, svuotato della sua forma originaria, diviene matrice di forme e colori, rivelando inediti paesaggi interiori. Dall’altro, il richiamo all’estetica digitale del pixel evoca una corporeità fluida, virtuale, che mette in tensione natura e artificio, corpo fisico e identità liquida.
Tramite questo processo di de-costruzione, il corpo si riconfigura in nuova matrice spaziale, generando un alfabeto cosmico che trascende i limiti del linguaggio identitario. Per Lattanzio, il frammento non è semplice disgregazione, ma simbolo della complessità del reale: ogni tassello porta con sé una pluralità di significati che si ricompongono in configurazioni sempre nuove, invitando lo spettatore a un’esperienza interpretativa aperta e dinamica.
Cosmogonia: i frammenti fotografici, decostruiti e riassemblati in modo ordinato, creano una trama molecolare fatta di pelle, occhi e capelli, evocando un’esplosione stellare dai contorni organici. In questo spazio dai labili confini, il corpo si dissolve per apparire come Imago: una rappresentazione indecifrabile che si compie oltre ogni linguaggio identitario.
Nucleo - La Natura Inquieta: esplora la fluidità dell’esistenza e la sua connessione profonda con l’universo, investigando la natura dinamica della materia in movimento e l’incessante evoluzione della vita. L’opera mette in luce la profonda relazione tra individuo e ambiente, evidenziando il corpo umano come strumento essenziale di percezione e dialogo con il mondo. I tasselli, liberi di muoversi sotto l’influenza di correnti esterne, trasformano l’opera in un’installazione cinetica che invita lo spettatore a un’esperienza sinestetica, stimolando nuove modalità di percezione.
Biophilia: mette in luce la relazione tra micro e macrocosmo, per stimolare un senso di affiliazione con la natura. Un intricato mosaico molecolare compone un quadro-scultura che richiama, simultaneamente, una mappa satellitare e una cellula osservata al microscopio. Questo intreccio tra visibile e invisibile supera i confini fisici del corpo, conducendo lo spettatore in un processo di osservazione che si trasforma in auto-riflessione: vedere il mondo significa, innanzitutto, vedere se stessi.


















































































